giovedì 10 settembre 2009

Il mio botta e risposta con il prof. Luigi Frati, Preside della I Facoltà di Medicina e Chirurgia e Prorettore vicario de “La Sapienza” di Roma


Pubblico una mia corrispondenza con il prof. Luigi Frati, su cui potete avere maggiori notizie sui seguenti links:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/08/27/sara-una-generazione-di-camici-bianchi-col.html
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-barone-frati/1477028/8/0
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Frati_(medico)


Il giorno 09/set/09, alle ore 23:40, Antonio Merola ha scritto:
Gentile prof. Frati,
nell'intervista di cui in oggetto (intervista al prof. Frati,"la Repubblica", 27/8/2009 pag. 23) ho notato alcune inesattezze, a dire il vero anche un pò grossolane. Lei dice testualmente: «…Su ottomila immatricolati arrivano alla laurea tre studenti su quattro. È un dato omogeneo a livello internazionale che mi ha confermato, nel corso di un recente incontro, il preside della facoltà di Medicina di Harvard. Quindi su 8 mila raggiungono in media il traguardo circa 6 mila studenti. Oggi le borse di studio per la specializzazione sono 5 mila. I mille che restano fuori faranno il medico di famiglia, oppure entreranno nelle industrie farmaceutiche, altri sceglieranno altri percorsi professionali…».
Dalle sue parole si evince facilmente quanto segue: i più bravi conseguono la specializzazione, i più scarsi diventano medici di famiglia o poco altro…
Dalla sua postazione, PRESIDE DI FACOLTA’, forse le sfugge un dato elementare: per diventare medico di famiglia, già dal lontano 1988, quando fu istituito, prima in forma sperimentale, poi via via in forma di “specializzazione” in medicina generale, il corso di “formazione in medicina generale”, tutti gli iscritti a Medicina dal 1995 inpoi per accedere alle varie graduatorie regionali, e quindi per diventare medici di famiglia e/o medici di guardia medica, dovevano possedere per forza tale “titolo”, pena l’impossibilità a diventare medico di famiglia.
In pratica, pensi un po’, dopo la laurea in medicina e chirurgia si potrebbe anche optare prioritariamente di scegliere la carriera, a dire il vero anche molto esaltante, di MEDICO DI ASSISTENZA PRIMARIA (questa è la vera dicitura…) o medico di famiglia, come piace a lei, scegliendo di concorrere per il corso di formazione in medicina generale.
Il compianto prof. Gaetano Salvatore fu uno strenuo sostenitore di tale dinamica: 2/3 di laureati verso le varie specializzazioni, 1/3 di laureati versa la costituenda (siamo verso la fine degli anni 80) specializzazione in medicina generale. Evidentemente fu molto preveggente, vista la situazione inglese, in cui un errore di programmazione ha costretto ad importare medici di famiglia dagli altri paesi europei (non “medici” tout court come citato nell’articolo di che trattasi, ma medici di famiglia!!).
Non voglio annoiarla ulteriormente rappresentandole l’importanza che riveste il medico di assistenza primaria e di continuità assistenziale (medico di famiglia e guardia medica) nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale, ma una cosa le voglio dire in tutta confidenza: sono un Medico di Medicina Generale e ne sono fiero, non invidio né lei né i suoi colleghi o parenti che lavorano nella “sua” gloriosa Università.
In attesa di un cortese cenno di riscontro,
le invio distinti saluti, Antonio Merola

P.S. : le invio il link dell’articolo di cui in oggetto: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/08/27/sara-una-generazione-di-camici-bianchi-col.html
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From: Luigi Frati
To: Antonio Merola
Sent: Thursday, September 10, 2009 1:59 PM
Subject: Re: intervista al prof. Frati - la Repubblica, 27/8/2009 pag. 23


Gentile Dottore, la Sua lettera è del tutto errata, non fosse altro per il fatto che tra gli "altri percorso professionali" vi è quella di docente universitario: posso considerarlo residuale o che sia riservato ai più scarsi? Forse Lei non sa che la riforma del Corso di Laurea in Medicina (G.U. 10 aprile 1986) è stata voluta da me come componente del Consiglio Universitario Nazionale e che fu previsto allora il coinvolgimento dei medici di famiglia nella didattica integrativa (possibilità di tirocinio di almeno 100 nel primo triennio; convenzione nazionale da me firmata da me come CUN con la Società Italiana di Medicina Generale, allora Presidente Aldo Pagni). Non penso nemmeno che si possa però sprezzantemente trattare l'Università, dove vi sono persone che meritano e persone che meritano meno: ma per sapere se uno merita sotto il profilo scientifico basta andare su Google, digitare PubMed, digitare poi il cognome e verificare quante pubblicazione sono censite ed il loro "peso" (impact factor). Forse questo può portare a rivedere qualche affretttao giudizio. Cordiali saluti Luigi Frati


----- Original Message -----
From: Antonio Merola
To: Luigi Frati
Cc: larepubblica@repubblica.it ; rubrica.lettere@repubblica.it
Sent: Thursday, September 10, 2009 5:43 PM
Subject: Re: intervista al prof. Frati - la Repubblica, 27/8/2009 pag. 23


Gentile Professor Frati,
La ringrazio sinceramente per avermi risposto, come si diceva un tempo, a stretto “giro di posta”. Non Le nascondo anche una certa forma di orgoglio che ho ad interloquire con Lei: durante il mio corso di studi universitari è stato per me essenziale lo studio di Patologia Generale, in particolare l’attenta lettura dell’indispensabile libro “Covelli-Frati” (in ordine alfabetico).
Non so bene da quale frase del mio scritto Lei abbia evinto che io abbia trattato “sprezzantemente l’Università”. Prova ne sia l’affetto con cui ho citato il compianto, e Suo Collega Preside e Patologo Generale, professor Gaetano Salvatore.
Una piccola epitome:
Lei afferma: alla Laurea arrivano seimila studenti, cinquemila entrano nelle Scuole di Specializzazione, i mille che restano fuori faranno i medici di famiglia o poco altro…(ammetta una cosa: sono pochi, veramente pochi i posti di Docente Universitario, quindi non è un percorso che rientra nel nostro ragionamento circa il corso post-laurea…).
Io ho solo cercato di evidenziare, forse non in modo sufficientemente chiaro (e me ne scuso), che l’attività di medico di famiglia potrebbe essere un’opzione “prioritaria” nell’attività lavorativa post-laurea, allo stato attuale della normativa vigente, rispetto alle Scuole di Specializzazione, non certamente un "ripiego" per coloro i quali non sono entrati nella Specialità Universitaria. E' di questi giorni la proposta di un importante Sindacato Medico (lo SNAMI) di istituire tout court una Specializzazione Universitaria in Medicina Generale (epilogo dell’attuale corso triennale post-laurea di formazione specifica in medicina generale), come titolo indispensabile per effettuare l’attività di medico di famiglia (più esattamente, ripeto, Assistenza Primaria).
Infine, a proposito di “impact factor”, mi piacerebbe che di questo affare Lei ne parlasse con i dottori, e coniugi, Antonio Iavarone e Anna Lasorella, i quali "dieci anni fa furono costretti ad emigrare dopo aver denunciato il solito caso di nepotismo baronale che li stava danneggiando". Questi medici-scienziati hanno recentemente affermato: «Il nostro laboratorio era modernissimo, non aveva nulla da invidiare a quelli americani, ma il primario di oncologia pediatrica del policlinico Gemelli di Roma, Renato Mastrangelo, cominciò a renderci la vita impossibile. Ci imponeva di inserire il nome del figlio nelle nostre pubblicazioni scientifiche. Ci impediva di scegliere i collaboratori. Non lasciava spazio alla nostra autonomia di ricerca. Per alcuni anni abbiamo piegato la testa. Sono circa 25 le pubblicazioni illegittimamente firmate dal figlio del professore. Poi, nel ' 99, abbiamo denunciato tutto (“Cervelli in fuga scoprono il gene anticancro”,
La Repubblica, 18 agosto 2009 pagina 13; link: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/08/18/cervelli-in-fuga-scoprono-il-gene-anti.html).
Grato per aver dialogato con me, le invio i sensi dei miei più deferenti e cordiali saluti.
Antonio Merola
http://rionesantandrea.blogspot.com/
P.S.: perdoni qualche "refuso"...